lunedì 3 giugno 2013

Lavoro e crisi occupazionale ad Alghero: documento conclusivo

Sabato 11 e domenica 12 maggio come consigliera comunale, insieme agli amici e le amiche del movimento C’è un’Alghero Migliore, abbiamo organizzato una due giorni di analisi e proposte sul tema del lavoro e della crisi occupazionale.

Un tema impegnativo e complicato, con il quale non è semplice cimentarsi.

Noi abbiamo voluto farlo ugualmente, certamente non con l’obiettivo di poter fornire ricette facili a nessuno ma con quello di dirci – come amministrazione, come forze politiche, come comunità - che di lavoro è necessario parlare e che si deve avere la forza e il coraggio di farlo, anche a costo di grande fatica e di molte difficoltà.



Perché sia chiaro: la mancanza di lavoro è la più grande emergenza che la nostra città deve affrontare oggi, la più importante tra le questioni su cui occorre ragionare e progettare. L’emergenza lavoro è per la nostra città la priorità tra le priorità.

Ecco perché abbiamo deciso, con questa due giorni, di aprire il dibattito e il confronto rompendo così un lungo silenzio.

Abbiamo cercato di farlo in modo il più possibile serio, cercando di non essere superficiali e banali.

Per iniziare ci siamo detti che è certamente vero che un’amministrazione non può creare posti di lavoro dove non ci sono; è altrettanto vero però che una buona amministrazione, un’amministrazione capace e attenta, può fare molte cose per aiutare il lavoro, per sostenerlo e per stimolarlo.

Ecco perché la riflessione che abbiamo condotto nel corso della due giorni è stata proprio questa:

Cosa può fare un’amministrazione per il lavoro? Cosa è corretto e giusto chiedere ad un’amministrazione, a questa amministrazione, come impegno sul tema del lavoro e dell’occupazione?

Per provare a rispondere a queste domande abbiamo voluto dedicare la prima giornata all’analisi di alcuni dati e al dibattito con i presenti, per costruire una conoscenza più precisa della realtà occupazionale nella nostra città. Sono state presentate varie esperienze, abbiamo parlato con le imprese che operano in vari settori, con chi conosce da vicino la formazione professionale, con chi lavora nell’industria, con chi si occupa di sostegno sociale, con chi si batte per il lavoro di chi è più fragile o perché è malato.

Abbiamo parlato anche con l’assessore allo sviluppo economico Alma Cardi, cercando di capire quale sia la strada che l’amministrazione intende percorre per provare ad individuare alcune possibili soluzioni.

Nel corso della seconda giornata abbiamo cercato di capire come si fa il lavoro e come si potrebbe creare nuovo lavoro nella nostra città. Per fare questo siamo andati a conoscere alcune buone pratiche che si svolgono qua e là in giro per l’Italia.

Tra gli ospiti presenti, l’assessore alla Provincia di Pisa Giacomo Sanavio ci ha presentato il piano del cibo che il loro territorio sta portando avanti da tre anni con risultati davvero interessanti; abbiamo poi parlato del coworking, un nuovo stile e un nuovo modo di affrontare il lavoro, che consente di mettere in comune spazi e strumenti, rendendo maggiormente sostenibili, soprattutto per i giovani, gli investimenti per chi decide di lavorare in proprio, di esercitare la libera professione o di fare impresa; e poi ancora, sempre nell’ambito delle scelte che un’amministrazione può fare per stimolare e sostenere concretamente il lavoro, abbiamo parlato dell’adozione di politiche attive per il lavoro finalizzate all’autoimpiego e al sostegno alla microimpresa giovane e alla nuova edilizia che avanza, l’edilizia del riuso e della rigenerazione urbana, che può rappresentare anche per noi un’importante opportunità a patto che ci prepariamo culturalmente e ci formiamo professionalmente.

Conclusioni

È chiaro che quando si parla di sviluppo e di lavoro non tutto dipende da un Comune, ma esistono grandi spazi di manovra per le politiche locali di sostegno all’occupazione a al lavoro di qualità: l’esperienza dei cosiddetti LETS (sistemi locali di scambio e commercio), la creazione di una sorta di “moneta locale” collegata alle attività di promozione e scambio, il sostegno alla creazione di imprese e all’autoimpiego, la vigilanza attiva contro il lavoro nero, la gestione lungimirante dei fondi europei possono aiutare molto.

Cercare nuove soluzioni per difendere il lavoro, non sottomettersi alla crisi, quindi; al contrario usarla per la creazione di innovazione e di opportunità; e contemporaneamente riprogettare il nostro modello di sviluppo.

Questo è quello che ci siamo detti a conclusione della due giorni nel corso del vivace e interessante dibattito che si è aperto tra i presenti.

La crisi economica è violenta ed è una crisi generale e di sistema. Ma non possiamo solo subirla: dobbiamo essere capaci di tracciare la strada della via d’uscita, convertendo il nostro modello di sviluppo e assecondando le indicazione globali che ci dicono su cosa scommettere per la crescita dell’occupazione.

Siamo dinanzi alla necessità di concepire in modo radicalmente diverso la creazione di occupazione e l’allocazione di questa in settori produttivi differenti da quelli tradizionali.

L’ambiente e il territorio, la cultura, l’edilizia del riuso e della rigenerazione urbana, la green economy, l’agricoltura e la pesca, l’innovazione tecnologica, i mestieri tradizionali e il piccolo commercio di qualità, il turismo sostenibile, i servizi alle famiglie; questi sono i settori sui quali occorre puntare e occorre investire.

Per realizzare questa conversione, culturale prima che economica, serve investire in educazione e formazione e verificare e valutare l'efficacia delle agenzie educative e formative; servono politiche che favoriscano la creazione di imprese innovative (e l'innovazione non è solo tecnologica), serve una città che accoglie e dia spazio ai talenti, serve il sostegno alle attività tradizionali che incorporano nuovi saperi.

La discussione e il dibattito sul lavoro e sullo sviluppo non possono essere un’attività occasionale. Servono processi di elaborazione pubblici e condivisi e di sedi dove svilupparli. Questa elaborazione ha bisogno di sedi, di strumenti, di promotori, di risorse.

Quello che serve è la creazione di uno spazio permanente per la riflessione, la progettazione e la programmazione di azioni; serve uno spazio definito per ragionare sul modello di sviluppo che intendiamo perseguire e per elaborare un piano locale che ricerchi e individui le azioni e gli strumenti da mettere in campo e che rilanci il nostro territorio.

Questa operazione di rilancio del territorio può essere condotta solo mediante un confronto con tutte le componenti in gioco: dalle imprese, a tutte le categorie produttive, dalle banche, all'università, dalle associazioni imprenditoriali, alle rappresentanze istituzionali e ovviamente le organizzazioni sindacali.

E poi a fianco ai soggetti istituzionali e maggiormente accreditati, ci possono essere i comitati di quartiere e di borgata, capaci di operare e progettare, le associazioni, le scuole: tutti questi possono essere i nodi di una rete dello sviluppo locale, capace di assicurare lavoro, solidarietà e sicurezza.

Occorre quindi al più presto attivare questo spazio, occorre creare una consulta per lo sviluppo e per il lavoro.

Abbiamo quindi concluso la due giorni decidendo quali proposte presentare in maggioranza e all’amministrazione, ma anche ai cittadini:

1. La creazione della Consulta per lo Sviluppo e per il Lavoro

2. L’adozione del piano del cibo

3. L’apertura di uno spazio coworking al servizio delle imprese giovani

Questi sono gli obiettivi che ci impegniamo a portare avanti.

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